di SALVATORE BIONDO*

Questa mia comunicazione si svilupperà in due parti: uno sguardo quantitativo sull’emergenza occupazionale e il tentativo di dare a questa alcune risposte, individuando risorse spendibili e settori da sviluppare.
Che la crisi occupazionale, a Roma e nel Lazio, sia ormai drammaticamente generalizzata lo dimostrano tutti gli indicatori e tutti i dati a nostra disposizione. Ancora di più la rende evidente una osservazione della quotidianità, della realtà che ci circonda. La crisi morde e azzanna la carne viva di donne e uomini, giovani  e anziani, italiani ed immigrati. Bisogna quindi ricordarsi sempre che, dietro la freddezza dei numeri che descrivono la recessione, ci sono persone in carne e ossa, famiglie, bambini, persone svantaggiate.
L’ultimo rapporto sulla povertà fatto dalla Comunità di S. Egidio, ci consegna un dato sconvolgente: le famiglie povere sul totale delle famiglie residenti sono aumentate del 10% nel 2011 rispetto al 2010.
E non è finita ! Il tasso di disoccupazione stimato per la nostra Regione, passerà dal 10,9% del 2012 all’11,5% del 2013. Il numero dei disoccupati a fine 2011 aveva raggiunto le 218.860 unità ( di cui 115.407 uomini e 103.453 donne).
I consumi che nel 2012 hanno segnato una riduzione del 3,6% rispetto all’anno precedente, nel 2013 si ridurranno di un altro 0,9%. Il PIL del Lazio, secondo le previsioni di Unioncamere, quest’anno scenderà di un’ulteriore 1%.
La CIG, nelle sue varie forme, continua a crescere in maniera esponenziale. Dai 15 milioni di ore autorizzate nel 2008 si è passati a 54 milioni nel 2009, a 68 milioni rispettivamente nel 2010 e nel 2011, a 79 milioni autorizzate fino a novembre 2012 e si stima siano arrivate a circa 90 milioni a fine anno.

Ma, se questi sono dati quantitativi, anche quelli qualitativi sono allarmanti. Nel 2012 sono cresciuti tutti i tipi di CIG: l’Ordinaria del 42%, la Straordinaria del 7%, quella in Deroga del 70%. Se la crescita dell’Ordinaria segnala l’entrata in crisi di nuove aziende nel corso del 2012, lo straripante incremento della cassa in Deroga ci fa comprendere come la crisi ha ormai coinvolto in pieno sia le piccole imprese che tutto il terziario, avanzato e meno avanzato. E ci segnala altresì, come tante situazioni di crisi aziendale si siano ormai cronicizzate e non presentino sbocchi produttivi.

Anche la Mobilità è ulteriormente cresciuta e gli ultimi dati sul 2012 ci dicono che sono 19.690 i lavoratori in mobilità di cui 8.652 in deroga.
Insieme ai numeri dei lavoratori coinvolti, cresce anche la necessità di risorse finanziarie per garantire gli ammortizzatori. Ha ragione il segretario del PD, Bersani, a denunciare che non ci sono stanziamenti sufficienti per le necessità del 2013 e che il governo tecnico, insieme alle cose necessarie fatte, ci lascia anche devastanti dimenticanze o sottovalutazioni specie sul versante sociale. Nel Lazio, nel 2012, sono stati spesi 270 milioni di euro per finanziare i soli ammortizzatori in deroga. Per il 2013 si stima un fabbisogno di almeno 200 milioni mentre, ad oggi, sono disponibili soltanto 38 milioni di euro.
Se questo è il quadro della crisi allora diventa proprio indispensabile immaginare, come dice Nicola Zingaretti, un nuovo inizio. Il “nuovo inizio” tuttavia, se non vuole rimanere una suggestione, ha bisogno di essere riempito di una coerente, anche se difficile, concretezza riformista, di proposte di merito effettivamente realizzabili e finanziabili. Il tutto in una cornice in cui alla credibilità della proposta politica ed economica si accompagni una forte e coerente tensione morale ed un agire trasparente e partecipato. Non credo sfugga a nessuno il valore anche economico di questo atteggiamento.
Proverò quindi a dare un contributo nel merito delle politiche regionali necessarie a far ripartire l’economia del Lazio e di Roma, a favorire la crescita nel nostro territorio.
La prima domanda cui rispondere riguarda le risorse economiche disponibili o possibili per poter innescare un percorso di crescita economica e occupazionale. La risposta a questo quesito non può essere demagogicamente data richiedendo un innalzamento della pressione fiscale. Anzi il sistema fiscale, che bisogna necessariamente  rimodulare in termini più equi e progressivi, deve tendenzialmente proporsi di ridurre le tasse per famiglie e imprese.
La Regione Lazio presenta uno spaventoso deficit di bilancio in buona parte imputabile alla spesa sanitaria. Questo debito si trascina dalla dissennata gestione Storace, cui il governo Marrazzo non seppe dare risposte efficaci, mentre quello Polverini, nel maldestro quanto inefficace tentativo di ridurre il deficit sanitario, ha prodotto un devastante abbassamento della quantità e della qualità delle tutele sanitarie per decine di migliaia di cittadini laziali.
Oggi un debito di 10 miliardi di euro mal contati, appesantisce il bilancio della Regione ed impedisce che anche un solo euro delle entrate derivanti dall’Addizionale Regionale, unica risorsa fiscale propria della Regione, possano andare al sostegno dello sviluppo.

Le sole risorse effettive e immediatamente spendibili, sono quelle derivanti dall’Europa.
Il POR (Programma Operativo Regionale)2007-2013 ha disponibili una notevole quantità di risorse finanziarie non ancora giuridicamente impegnate e quindi passibili di nuove decisioni circa il loro utilizzo, sia pure nell’ambito degli Assi definiti dalla programmazione europea. Sono disponibili 92.207.927 € nell’ambito del FSE (Fondo Sociale Europeo), 518.378.503 € nell’ambito del FESR (Fondo Europeo Sviluppo Regionale) e 253.896.291 € nell’ambito del FEASR (Fondo Europeo Agricolo Sviluppo Rurale). A questi si aggiungono le risorse del FEP (Fondo Europeo Pesca) ammontanti a 10.009.632 € ma di cui non conosciamo quanto è stato già impegnato.

Complessivamente si può dire che siano spendibili circa 870 milioni di €.
A proposito dei fondi europei, giova ricordare che entro il prossimo mese di Aprile bisognerà presentare alla UE la nuova programmazione per il periodo 2014-2020, pena la perdita di questa ingente quantità di risorse. Il nuovo Governo della Regione dovrà agire molto in fretta !
Altre risorse, anche se non ancora specificatamente quantificabili, possono essere recuperate da una oculata spending review sulla spesa regionale. Si possono e si devono tagliare i cosiddetti “costi della politica” ottenendo risparmi più che simbolici da spese assolutamente immorali ed ingiustificabili e che risultano oggettivamente insopportabili specie in una crisi così devastante, è necessario realizzare una effettiva lotta agli sprechi e alle inefficienze della macchina pubblica regionale.

Si deve drasticamente razionalizzare il sistema delle Partecipate Regionali che allo stato attuale conta circa 50 strutture(19 società, 26 enti pubblici e 5 agenzie) con oltre 7.000 dipendenti  ed un esercito di amministratori, revisori e dirigenti. Bisognerà superare duplicazioni di funzioni come quelle esistenti tra Sviluppo Lazio, BIC e FILAS; riorganizzare le società che si occupano di TPL; rilanciare Unionfidi e chiudere la fallimentare esperienza di BIL(Banca Impresa Lazio) che serve soltanto come strumento dove le banche socie scaricano i loro clienti più a rischio; mandare in liquidazione Lazio Service, che di fatto è un’agenzia di lavoro interinale in house sconosciuta in ogni altra regione italiana, provvedendo al contempo al riassorbimento dei circa 1300 dipendenti sia nell’ambito della pubblica amministrazione che di altre attività. E si deve modificare la “governance” di queste aziende eliminando il più possibile consigli di amministrazione ridondanti ed inutili ed aprendosi a forme strutturate di partecipazione degli stakeholders.

Un ulteriore sostegno alla crescita deve arrivare dagli investimenti.
Penso ad investimenti sia privati che pubblici (della Cassa Depositi e Prestiti e della Banca Europea degli Investimenti) su progetti specifici sia nell’ambito della produzione di beni e servizi che in quello delle infrastrutture.
Tali progetti dovranno essere in grado di remunerare il capitale quantomeno nel medio periodo e quindi dovranno proporsi non soltanto di essere competitivi ma riuscire a divenire leader nell’ambito del proprio mercato di riferimento.
Alle risorse attivabili in ambito regionale, vanno aggiunte quelle derivanti dagli interventi dello Stato centrale. Un intervento molto importante per favorire la buona occupazione è stato varato nell’ambito dell’ultima legge di stabilità: si tratta dell’abbattimento IRAP di 7 mila € l’anno per ogni nuova assunzione  a tempo indeterminato. E’ una misura che ha ricevuto una dotazione limitata a 4 miliardi di euro su cui bisognerà impegnarsi per ottenere i rifinanziamenti necessari a soddisfare tutte le richieste.

In quali ambiti intervenire per creare nuova e buona occupazione ?
Due sopratutto: il sistema delle infrastrutture e quello della produzione di beni e servizi.
Il Lazio ha un estremo bisogno di implementare le sue reti infrastrutturali; questo obiettivo è condizione indispensabile sia per aumentare la competitività del nostro sistema produttivo che per accrescere la qualità della cittadinanza di chi vive e lavora in questo territorio.
Bisogna ripensare in maniera unitaria a livello regionale il sistema e il fabbisogno di trasporto: è all’interno di questa visione organica (il tanto atteso e mai realizzato Piano Regionale dei Trasporti e della Mobilità)che andranno individuate le priorità infrastrutturali (ammodernamento e completamento della rete ferroviaria anche come alternativa alla realizzazione di nuove arterie stradali, miglioramento della rete viaria e completamento delle opere avviate, implementazione del trasporto marittimo, adeguamento del sistema aeroportuale, sistema delle merci e della logistica, snellimento degli ambiti gestionali anche attraverso l’unificazione dei gestori del TPL e la gara unica regionale, l’ammodernamento del parco mezzi, la costituzione di un’Autorità Regionale di monitoraggio e controllo).
E’ drammaticamente urgente un serio e credibile Piano Regionale dei Rifiuti, costruito sul criterio europeo delle “tre R”, riduzione, riciclaggio e recupero, che si ponga l’obiettivo di arrivare ad almeno il 70-75% di Raccolta Differenziata, dotandosi, contemporaneamente, delle strutture impiantistiche per il trattamento e lo smaltimento finale dei rifiuti non riciclabili. Bisogna avere il coraggio di dire che tutte le migliori esperienze, sia nazionali che straniere, di raccolta virtuosa dei rifiuti sono supportate dai necessari impianti di trattamento e smaltimento finale (termovalorizzatori e discariche specifiche) compatibili dal punto di vista ambientale, della sicurezza e della salute dei cittadini.
Assolutamente strategico infine è pianificare il superamento del digital divide, sia dal punto di vista tecnologico e delle reti che delle capacità culturali necessarie a partecipare alla società dell’informazione. E’ questa una misura che potremmo definire di carattere “orizzontale” poiché dalla sua effettiva realizzazione dipendono la capacità di accrescere la produttività, la possibilità di snellire la burocrazia, la necessità di valorizzare il patrimonio culturale e ambientale, il miglioramento del livello culturale dei cittadini e la loro qualità della vita.

Per quanto riguarda, infine, la produzione di beni e servizi non si può non ripartire che dalle eccellenze già presenti e dalle vocazioni del territorio. Sarò un vecchio industrialista ma continuo a ritenere che sia difficile pensare alla crescita senza lo sviluppo dell’industria manifatturiera.
Nell’ambito della produzione industriale esistono nella Regione alcune filiere produttive che vanno supportate favorendo lo sviluppo della ricerca, un più stretto collegamento con le strutture formative, a partire dalle Università , la crescita, intorno ad esse, di un sistema di piccole e medie imprese di qualità.
Sto pensando al settore farmaceutico e biomedicale che con circa 200 imprese attive, 15.000 occupati e un fatturato superiore ai 3 miliardi di euro, rappresenta una presenza importante nell’export regionale.
Altrettanto rilevante è l’industria aerospaziale che vede una consistente rilevanza delle aziende del gruppo Finmeccanica ma anche di aziende private affermate a livello internazionale e soprattutto di un indotto fatto di piccole aziende di eccellente qualità, tecnologicamente all’avanguardia e con competenze professionali di notevole rilievo. Aerospazio nel Lazio vuol dire circa 250 imprese e centri di ricerca , un fatturato totale vicino ai 5 miliardi di euro e circa 25.000 addetti. E’ un comparto che produce tanta innovazione tecnologica, con intense cooperazioni internazionali sia su progetti specifici che in ambito societario, sia per le applicazioni militari che civili.
Una terza importante filiera è quella dell’agro-alimentare e delle bioscienze. Questa realtà è di grande rilevanza in tutto il territorio regionale e conta circa 3.500 imprese. Si tratta di una ricchezza prevalentemente agricola e non sufficientemente valorizzata sul piano industriale, ma che vanta molteplici eccellenze enogastronomiche riconosciute a livello internazionale.
Accanto a queste tre principali filiere produttive del Lazio, non vanno dimenticate le produzioni hi-tech e l’ICT, il settore auto a Cassino, il distretto della ceramica sanitaria nel viterbese, il comparto della nautica da diporto che vanta circa 500 aziende, la riconversione  in atto nel Reatino dal comparto dei semiconduttori a quello delle energie rinnovabili ( è di Rieti il terzo produttore nazionale di pannelli fotovoltaici).
Un capitolo a parte meriterebbe il settore edile che pur essendo tra i più colpiti dalla crisi vanta una presenza di grandi gruppi tecnologicamente avanzati e che deve essere aiutato a riconvertirsi dal consumo  alla manutenzione del territorio, al restauro del patrimonio edilizio pubblico e privato esistente e dell’immenso giacimento di beni archeologici del Lazio.
Un altro punto di forza del Lazio sono sicuramente le strutture di ricerca. In Regione sono presenti 6 Università pubbliche ed altrettante private, il CNR e l’ENEA, il CSM (Centro Sviluppo Materiali), l’ISPRA (Istituto Superiore Protezione e Ricerca Ambientale), la Vasca Navale (tra le più importanti d’Europa) e numerosi altri centri pubblici e privati che hanno conquistato fama internazionale, nonché diversi laboratori di ricerca di aziende attive nei settori più avanzati della tecnologia. La Regione ha già mostrato la sua attenzione in questo ambito promuovendo la nascita (tramite la FILAS) di 4 distretti tecnologici: il Tecnopolo Tiburtino, il Tecnopolo di Castel Romano, il Parco Scientifico e Tecnologico del Lazio Meridionale e quello dell’Alto Lazio. Complessivamente la Ricerca occupa più di 25.000 addetti (compresi i dipendenti delle Università) generalmente di alto profilo professionale e scientifico. Bisogna tuttavia rilevare che la riduzione delle risorse pubbliche e la scarsa lungimiranza dei capitali privati stanno mettendo a serio rischio i risultati raggiunti in passato. Nel 2006 il portafoglio brevettuale delle istituzioni pubbliche di ricerca nel Lazio era di 371 brevetti, oggi, pur non disponendo di un dato aggiornato, questi si stanno drasticamente riducendo. E’ assolutamente necessario che il prossimo Governo della Regione assuma la centralità di questo settore.

Infine va rivitalizzato il vasto mondo del terziario e dei servizi, partendo dalla considerazione che in tutti i paesi sviluppati l’unico settore in cui l’occupazione aumenta è proprio questo. E’ in questo ambito che si può dare una risposta forte alle esigenze di occupazione femminile e giovanile.

La nostra Regione, a partire da Roma, può in particolare giocarsi la preziosa carta della Cultura e del Turismo. Ma si tratta di farlo bene e in maniera organica. E’ necessario definire una vera e propria “Agenda della Cultura” pensando a questa non soltanto come volano economico e strumento di welfare ma come vero e proprio “bene comune” verso cui vanno promossi la partecipazione e l’accesso dei cittadini. La Regione e gli Enti Locali del Lazio, visto il peso e le potenzialità che offre questo settore nel nostro territorio, possono avviare processi di integrazione e promozione del patrimonio culturale (i beni culturali, archeologici, paesaggistici e ambientali; lo spettacolo in tutti i suoi aspetti- cinema, televisione, multimedialità, teatro, danza, musica; le biblioteche pubbliche; le numerose istituzioni culturali presenti) attraverso la creazione di un Fondo Regionale della Cultura cui far confluire risorse pubbliche e private, mirato a sostenere, valorizzare e promuovere l’enorme patrimonio esistente. Il Turismo in questo disegno, assume anche la caratteristica di “indotto” del sistema culturale e dovrebbe necessariamente innalzare la qualità della  sua offerta, con notevoli e benefici effetti sulla qualità e sulla quantità dell’occupazione.

Su questi obiettivi, e sulle altre proposte di questo convegno, Obiettivocomune si augura che il centrosinistra che auspicabilmente andrà al governo della Regione Lazio e prossimamente anche del Comune di Roma, voglia aprire un confronto concreto.

*Intervento al seminario POCHE MA BUONE: RISORSE E AZIONI PUBBLICHE PER LA CRESCITA ECONOMICA svoltosi a Roma lo scorso 7 febbraio.

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