Sintesi del Piano

di rientro di Roma Capitale

 

illustrato dall’assessore Silvia Scozzese

Il piano identifica le cause che hanno determinato la formazione di un disavanzo strutturale di parte corrente negli anni precedenti, calcolando l’eventuale stato di disequilibrio strutturale del Comune come distanza tra la spesa corrente storica e sia il livello delle entrate strutturali di parte corrente, sia una dimensione ideale o standard della medesima. La distanza tra queste grandezze definisce l’ambito di applicazione degli interventi correttivi previsti dall’articolo 16, comma 1, del decreto legge 6 marzo 2014, n.16, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 maggio 2014, n.68.

L’analisi si è soffermata sulla valutazione delle effettive esigenze di spesa corrente, così come traspaiono da una verifica economico-statistica dei bilanci relativi al periodo 2009-13, facendo riferimento ad un livello di spesa strutturalmente sostenuta dal Comune, al netto delle erraticità presenti nel bilancio dovute o ad effetti contabili di aggiustamento (window dressing) per assecondare le esigenze imposte dai vincoli della finanza pubblica, o all’alternarsi di interventi discrezionali e non permanenti.

La valutazione della spesa corrente di Roma Capitale ha interessato anche tutta la galassia delle società partecipate, al fine di verificare gli effettivi oneri o vantaggi che queste determinano sulle finanze capitoline.

L’analisi della spesa corrente standard o obiettivo ha fatto riferimento ai valori di fabbisogno standard approvati in sede COPAFF che, nel caso del TPL e dei rifiuti, possono essere applicati anche alle più importanti società partecipate. Per le altre, si è fatto riferimento ad una valutazione dei costi sostenuti, valutando i possibili margini di efficientamento.

Nel calcolo dei fabbisogni standard di Roma Capitale si è cercato anche di applicare la medesima metodologia per desumere gli eventuali extra-costi standard che Roma sostiene in quanto capitale d’Italia, fornendo una prima valutazione del contributo finanziario che dovrebbe essere riconosciuto all’Amministrazione comunale per far fronte agli oneri di parte corrente della capitale.

Nel calcolo dei fabbisogni finanziari di Roma Capitale vengono valutati anche gli ambiti di intervento della Regione, laddove è previsto un ruolo non solo di indirizzo ma anche di sostegno finanziario, la cui instabilità in passato ha generato distorsioni nei risultati di bilancio conseguiti dal Comune.

Nel calcolo delle entrate strutturali di parte corrente si è tenuto conto della effettiva disponibilità delle risorse, al netto di quelle entrate di dubbia esigibilità o di natura non ricorrente.

Il piano si completa e integra con un inquadramento delle finanze capitoline all’interno del più generale scenario della finanza locale e con la prospettazione degli interventi di sviluppo che potranno concretizzarsi e al contempo favorire il piano di riequilibrio finanziario di Roma Capitale.

Infine, viene definito un timing di applicazione del Piano a partire dal 2014, mettendo in evidenza gli elementi critici della transizione in termini di spazio di Patto di Stabilità interno e disponibilità delle risorse che dovranno essere garantiti per il periodo 2014-15.


I risultati principali

  • La spesa strutturale corrente di Roma Capitale, alla fine del 2013, si attesta su un livello di poco superiore ai 2,8 miliardi di euro, al netto dei costi sostenuti per i contratti di servizio AMA e ATAC, ed è rimasta sostanzialmente invariata attorno a tale valore per tutto il periodo 2009-13. Quasi tutte le principali voci di spesa hanno un andamento stazionario, con scarsissime oscillazioni nei passaggi d’anno, denotando una sostanziale resilienza della spesa nelle sue componenti storiche ai mutamenti di regime finanziario. Nello stesso periodo, la spesa del Comune di Milano si è ridotta di circa 200 milioni di euro, pari ad oltre il 12% della spesa registrata nel 2009.
  • In termini pro capite, la spesa strutturale del Comune si colloca intorno ai 1100 euro, un valore leggermente inferiore a quanto riscontrato per il Comune di Milano per la stessa tipologia di spesa. Soffermandosi sui costi di smaltimento rifiuti e trasporto pubblico locale, per Roma Capitale questi possono essere quantificati, rispettivamente, in 750 e 560 milioni di euro, ovvero 285 e 212 euro per abitante. A Milano il costo dello smaltimento rifiuti si colloca intorno ai 340 milioni di euro, pari a 250 euro per abitante, mentre la spesa per trasporto pubblico locale ammonta a circa 670 milioni di euro, pari ad oltre 490 euro per abitante.
  • Nel caso di Roma Capitale, gli apparenti risparmi che si scorgono nel biennio 2012-13 sono frutto di effetti contabili che recuperano la loro consistenza negli anni successivi, sia sotto forma di debiti fuori bilancio, sia con rivitalizzazione dei capitoli.  Complessivamente, si rinviene una sottostima della spesa strutturale corrente nei bilancio di Roma Capitale che, sulla base di una valutazione di tipo statistico, coordinata con una valutazione puntuale dei residui passivi, delle perdite delle società partecipate e dei debiti fuori bilancio emersi nel corso del periodo analizzato può essere quantificata in circa 320 milioni di euro l’anno, comprensivi dei circa 160 milioni che riguardano il TPL.
  • Meritano una particolare attenzione i costi per fitti passivi che, oltre a collocarsi su un livello non riscontrato in altre amministrazioni locali, registrano una dinamica crescente nonostante la flessione dei prezzi degli affitti rilevata nel biennio 2012-13. Alla fine del 2013, il 4,5% della spesa corrente strutturale di Roma Capitale era assorbita da oneri per fitti passivi, contro l’1% rilevato nel Comune di Milano.
  • Tra le cause sottostanti l’inerzia verso il basso della spesa si possono segnalare almeno tre ordini di criticità:

a)       L’eccessiva frammentarietà del bilancio, con dispersione dei centri di costo e difficoltà nel controllo delle procedure di spesa che, se da un lato garantisce una maggiore capacità di controllo dei singoli drivers della spesa, dall’altro espone l’Amministrazione alle pressioni politiche che, ancorché non direttamente, partecipano alla formazione della spesa con un approccio del tipo bottom-up. Concorre alla parcellizzazione della spesa la struttura per municipi, che registra una sostanziale eterogeneità sia nei livelli che nelle dinamiche delle uscite, indotta probabilmente dai differenti pesi politici più che da effettivi fabbisogni di spesa.;

b)       Crescente ricorso al meccanismo del deliberato e dell’impegnato vincolato all’entrata anche nella parte corrente, sintomo dell’incertezza dell’entrata, che dovrà trovare sistemazione con le nuove regole contabili che entreranno in vigore il prossimo anno. Nel 2013 sono stati impegnati 1650 milioni di euro con il vincolo dell’entrata e ne sono stati pagati 1100 milioni, con la formazione di residui passivi di parte corrente per 550 milioni. Nel periodo considerato, mediamente si sono formati con questo canale residui passivi per circa 560 milioni di euro l’anno.

c)       Alcune importanti voci di spesa subiscono nella fase finale del periodo considerato improvvisi decalage che potrebbero sottendere una sottovalutazione dell’effettiva esigenza di spesa indotta dalla scarsità di risorse disponibili, che di conseguenza possono generare l’emersione nel periodo successivo di debiti fuori bilancio.

  • In conclusione, l’analisi della spesa corrente del comune di Roma Capitale evidenzia una struttura della spesa che, al netto delle erraticità di bilancio, si colloca su un livello pari a 4460 milioni di euro, derivanti dalla somma di 2,680 miliardi di euro di spesa corrente strutturale, cui si aggiungono 160 milioni di sottostima nelle poste di bilancio, 150 milioni di euro di spesa con natura occasionale ma ricorrente (circa il 50% della spesa media occasionale del Comune) e 1310 milioni di euro per rifiuti e tpl, e, infine, 160 milioni di sottostima dei costi ATAC.
  • Le entrate strutturali di Roma Capitale, invece, possono essere valutate in circa 4020 milioni di euro, determinando un gap strutturale di circa 440 milioni.
  • L’analisi dei fabbisogni standard, invece, restituisce un valore di spesa standard di circa 3910, evidenziando un disavanzo strutturale di circa 550 milioni di euro. Ne consegue che, per riallineare la spesa corrente di Roma a valori standard e, quindi, sostenibili all’interno del sistema di allocazione delle risorse che governerà la finanza locale a partire dal 2015, occorre ridurre l’attuale livello di spesa per il succitato importo.
  • Il gap da assorbire risulta essere più basso per la presenza all’interno della spesa di Roma di elementi di costo dovuti al fatto che nella città di Roma si svolgono funzioni dovute al ruolo di capitale d’Italia. Dalle valutazioni emerge un’extra costo standard di almeno 110 milioni di euro, ovvero si può ritenere che una parte del gap tra spesa corrente di Roma e fabbisogno standard sia assorbibile dal riconoscimento di questi extra costi, ai sensi del decreto legislativo che istituisce Roma Capitale.
  • Se si tiene conto di tali considerazioni, l’operazione di riequilibrio strutturale sul versante della spesa corrente ammonta a circa 440 milioni di euro, articolato in un piano dettagliato di revisione della spesa corrente nell’arco del triennio di programmazione e sintetizzato nella seguente tabella.

 

  • Le misure e le azioni individuate nel “piano”, per la portata strategica  che rivestono, richiedono un complessivo e costante coordinamento “unitario” per assicurare l’attuazione delle stesse ed il conseguimento degli obiettivi individuati, finalizzati alla razionalizzazione dei costi di erogazione e funzionamento dei servizi in linea con i livelli standard delle grandi città. Il piano, pertanto, per la sua attuazione deve prevedere un necessario presidio “unitario”, collocato in posizione trasversale nel sistema organizzativo, competente ad emanare anche le più opportune direttive tecnico-amministrative rispetto alle scelte operate dal  “piano” e a verificare costantemente il rispetto di tali scelte e dei correlati obiettivi.
  • Gli ambiti di intervento riguardano essenzialmente la riduzione della spesa per fitti passivi, illuminazione pubblica, energia elettrica, riscaldamento, utenze idriche e telefoniche, assicurazioni, informatica, cancelleria, contributi a enti e istituzioni, interventi minori.
  • Nell’ambito delle società partecipate, si sostiene il mantenimento delle partecipazioni in essere solo in quei casi in cui si rinvengono i cosiddetti fallimenti di mercato, ovvero la presenza dei privati non è in grado  di garantire l’erogazione di beni pubblici. È questo il caso sostanzialmente dei servizi pubblici locali (trasporto, rifiuti) e dei servizi a rete (luce, acqua, gas).
  • In particolare, sia dal punto di vista teorico che normativo, tutte le società partecipate che non svolgono attività strumentale a quella del Comune, ma rientrano nell’ambito di attività di mercato dovrebbero essere dismesse perché lesive della concorrenza. Nel Piano vengono elencate questo tipo di società e, eventualmente, segnalate le criticità connesse alla loro dismissione (in genere la presenza di personale), ridimensionando la portata del ruolo strategico assegnato a tali strutture e proponendo il mantenimento della partecipazione solo nei casi in cui non siano acclamate palesi violazioni della concorrenza e siano in corso processi di transizione verso una successiva dismissione.
  • Per quanto riguarda, invece, le società strumentali del Comune, il ragionamento viene spostato sulla convenienza economica ad adottare un simile modello organizzativo rispetto a quello dipartimentale. Le società, quindi, che grazie alla loro maggiore flessibilità dovrebbero garantire una maggiore efficienza ed efficacia nel perseguimento degli obiettivi dell’ente, sono analizzate sulla base  degli eventuali costi eccessivi del personale, delle perdite e del ricorso al debito, prevedendo nel caso l’applicazione di tutte le misure di contenimento della spesa previste dall’ordinamento vigente.
  • Per garantire l’effettiva economicità di tali strutture, si propone l’adozione di provvedimenti volti a garantire un costante monitoraggio delle linee di azione che orientano l’esercizio del controllo analogo, anche attraverso la costituzione di apposite unità di controllo. In tutte queste società viene avviata una due diligence che consenta di pervenire sia ad un’effettiva valutazione in merito alla coerenza tra le finalità perseguite dal Comune e la mission di tali strutture, che nel corso degli anni hanno anche sensibilmente modificato la loro sfera di azione, sia ad un’attenta valutazione dei fabbisogni finanziari e di personale indispensabili per il perseguimento degli obiettivi, che saranno riassegnati a seguito di tale due diligence. Nelle more del completamento di tale attività di tipo strutturale, che dovrà completarsi entro 120 giorni dall’approvazione del Piano, diverse misure di contenimento della spesa e di ottimizzazione delle risorse saranno adottate e incorporate nei contratti di servizio, ivi comprese il riallineamento dei profili retributivi a quelli vigenti all’interno dell’Amministrazione comunale e l’assegnazione di compiti attualmente svolti da soggetti esterni. Il mantenimento delle suddette partecipazioni dovrà infatti avvenire ad un costo ridotto del 20% rispetto ai valori storici.

 

 

Conclusioni

• Il disequilibrio strutturale di parte corrente di Roma Capitale ammonta a circa 550 milioni di euro

• Il Comune si impegna ad assorbire nel triennio 2014-16 un importo pari a 440 milioni di euro di tale disavanzo attraverso risparmi strutturali di spesa e riduzione consistente del numero delle società partecipate, nonché predisporre strumenti che garantiscano la piena efficacia del controllo analogo nel perseguire gli obiettivi generali di contenimento della spesa per le società che rimangono in essere

• I restanti 110 milioni sono posti a carico del Governo quale contributo per il riconoscimento degli extra costi di parte corrente sostenuti dal Comune in qualità di Capitale d’Italia

• Il piano prevede peraltro il riconoscimento di uno stabile finanziamento del trasporto pubblico locale da parte della Regione per un importo pari a 240 milioni di euro l’anno che, insieme all’efficientamento portato avanti da ATAC consentirebbe il raggiungimento dell’equilibrio dei conti del TPL

• Il piano pur prevedendo un’esigenza di contenimento dei costi da parte di AMA di circa 90 milioni, rileva come una parte di essi sia connessa alla carenza infrastrutturale sul versante dello smaltimento

• Nell’analisi degli oneri correnti, si rinvengono extra costi dovuti al sottofinanziamento della spesa in conto capitale, per il quale si ritiene opportuno soddisfare il fabbisogno infrastrutturale di Roma in quanto Capitale d’Italia

• Poiché il piano si dispiega nel corso del triennio, occorrono misure di sostegno in termini di spazi di Patto di stabilità interno e di risorse nel corso degli anni 2014 e 2015, per un importo non inferiore complessivamente ai 300 milioni di euro. Per il 2016 le esigenze dovranno essere valutate in coerenza con l’entrata in vigore della nuova normativa sul pareggio di bilancio.

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