di SALVATORE BIONDO

Il Piano Regionale dei Rifiuti, presentato dalla Giunta Polverini e attualmente all’esame del Consiglio Regionale del Lazio, rischia di divenire l’ennesima occasione mancata per affrontare e risolvere virtuosamente l’annosa questione del ciclo dei rifiuti della nostra Regione.
Esso infatti presenta una profonda divaricazione tra gli obiettivi che si propone di raggiungere e le risorse e le azioni che effettivamente mette in essere a tal proposito.
Tutto ciò è confermato dallo stesso Piano al momento in cui prevede un cosiddetto “Scenario di Controllo” che definisce obiettivi molto diversi da quelli proclamati nel Piano e che di fatto risultano essere quelli effettivamente perseguiti dalla Giunta.
Queste le differenze:
Il Piano, che si sviluppa in un arco temporale tra il 2011 e il 2017, prevede che a regime, il  totale dei Rifiuti Urbani(RU) prodotti nel Lazio si assesti su 3.401.644 tonnellate annue; lo Scenario di Controllo ne prevede 3.675.893. Ciò significa non programmare alcuna seria politica di riduzione della quantità totale di RU prodotti e del resto nessuna azione concreta in tal senso viene proposta. Il tema è presente ma non viene detto niente su quali traguardi si intende raggiungere e come.
Il Piano prevede a regime che del totale di RU prodotti(3.401.644 tonn.) il 65% sia gestito tramite la Raccolta Differenziata(RD) pari a 2.201.168 tonn. annue; lo Scenario di Controllo attesta la RD a 857.422 tonn. annue che sul totale di RU previsti da questa ipotesi(3.675.893) sarebbero pari al 23,32%. Si tratta di una percentuale di RD leggermente superiore a quella attuale! Del resto le risorse attualmente stanziate dalla Regione per la RD, pari a 135 milioni di euro nel prossimo triennio, sono largamente insufficienti a promuovere e realizzare non solo l’obiettivo previsto dalla legge nazionale vigente (65%) ma anche un obiettivo intermedio credibile che porti la RD nella Regione ad una percentuale almeno pari al 50% del totale dei RU prodotti. Tale risultato raggiungibile soltanto attraverso il sistema del “porta a porta” spinto, comporta adeguamenti occupazionali nelle imprese del settore e scelte organizzative aziendali che ad esempio la più grande azienda del settore, l’AMA, dimostra di non voler fare. Del resto se da un lato è vero che il servizio “porta a porta” determina maggiori costi per la raccolta, è altrettanto vero che consente notevoli risparmi sul versante degli investimenti impiantistici e produce materiali economicamente valorizzabili nel mercato del riciclo. Anche questo mercato, se adeguatamente incentivato non soltanto attraverso specifiche risorse finanziare ma anche tramite precise disposizioni amministrative, può determinare una nuova filiera produttiva con importanti e positive ricadute sul piano occupazionale e industriale nel Lazio.
Il Piano prevede che 1.200.476 tonn. annue di RU vengano destinate a Trattamento Meccanico Biologico (TMB), mentre lo Scenario di Controllo fa crescere questa quantità fino a 2.818.470 tonn. annue. Un incremento del 150% che comporterà notevoli investimenti impiantistici e altrettanto importanti scelte localizzative per questi impianti che certamente non faranno felici le popolazioni interessate.
Il Piano prevede che 415.456 tonn. annue siano destinate ad impianti di Termovalorizzazione e Gassificazione, mentre anche in questo caso lo Scenario di Controllo porta ad un incremento di questa quantità del 170% arrivando a 1.026.628 tonnellate annue da destinare a questi impianti. Nello scenario di Piano sarebbe sufficiente l’impiantistica già esistente (Malagrotta, Colleferro, San Vittore) e quella autorizzata (Albano), mentre nell’ipotesi di Controllo sarebbero necessari almeno altri due impianti di notevoli capacità produttive. Va detto che il costo di questi impianti non soltanto è molto alto (circa 350 milioni di euro per ciascuno a regime) ma l’ammortamento dell’investimento e la remunerazione del capitale investito, nonostante il valore commerciale dell’energia prodotta sia consistente, presentano tempi molto lunghi a causa della cancellazione dei contributi statali previsti dal cosiddetto CIP 6, contributi di cui invece godono gli impianti esistenti e autorizzati. Peraltro questa tipologia di impianti desta sempre notevoli opposizioni da parte delle popolazioni coinvolte dalle scelte localizzative, per cui è ragionevole proporre di realizzare soltanto quelli strettamente necessari.
Il Piano prevede la necessità di volumetrie di Discarica per un totale di 1.548.033 mc. mentre lo Scenario di Controllo comporterebbe un deficit  di volumetrie disponibili di ben 5.229.600 mc. Anche se in tutte e due le ipotesi non saremmo più in presenza di discariche di “tal quale” ma di rifiuti pretrattati e quindi non si riprodurrebbe lo scempio ambientale di Malagrotta, è evidente come lo Scenario di Controllo moltiplichi la necessità di siti permanenti di discarica nell’ambito regionale, disegnando una situazione assolutamente inaccettabile per i cittadini residenti nelle aree interessate. Del resto le vicende di queste ultime settimane, relativamente alla individuazione di un sito di discarica sostitutivo di Malagrotta, dimostrano quanto sia difficile ottenere il consenso delle popolazioni e delle amministrazioni interessate. La sciagurata ipotesi dello Scenario di Controllo determinerebbe la necessità di individuare più siti di discarica e forse neanche tutti quelli individuati dalla Regione come possibili alternative a Malagrotta (Corcolle, Monti dell’Ortaccio, Pian dell’Olmo, Osteriaccia, Fiumicino e Riano) sarebbero sufficienti a colmare il deficit di volumetrie necessarie. In questo contesto sono assolutamente giustificate e condivisibili le proteste che i cittadini delle realtà coinvolte stanno mettendo in campo, poiché contestano scelte non soltanto fatte sulla testa dei diretti interessati ma anche frutto della mancanza di trasparenza sulla gestione del ciclo dei rifiuti della Regione. Lo Scenario di Controllo dimostra inoltre la falsità delle affermazioni, fatte dalla Presidente Polverini, circa la temporaneità del nuovo sito di discarica, che come evidenziato non solo sarà definitivo ma anche insufficiente.
Tutto quanto detto sopra è peraltro confermato dalle scelte che il Comune di Roma ( che da solo produce c/a il 70% dei RU del Lazio) e l’AMA stanno compiendo in queste settimane. Hanno già richiesto al Ministero dell’Ambiente e alla Regione la deroga all’obiettivo del 65% di RD proponendo di attestare Roma al 35% del totale raccolto; stanno abbandonando il sistema di raccolta “porta a porta” nei quartieri dove era stata avviata per passare alla raccolta “stradale” con notevoli disagi per i cittadini e determinando l’abbassamento della qualità dei rifiuti differenziati che così saranno difficilmente riciclabili; hanno deciso di acquistare c/a 16.500 nuovi cassonetti stradali, una scelta in assoluta contraddizione con una politica di RD. E tutto questo aumentando la tariffa per i cittadini (TIA) complessivamente di più del 30% mentre il servizio di raccolta e spazzamento, nonostante l’assoluta abnegazione del personale, continua a peggiorare.
Le scelte dell’Amministrazione capitolina sono esemplari degli effetti che sta già producendo lo Scenario di Controllo previsto dal Piano Regionale dei Rifiuti. Si tratta di una vera e propria sconfessione degli obiettivi definiti dalla principale ipotesi del Piano.
E’ necessario cassare dal Piano Regionale il cosiddetto Scenario di Controllo anche definendo obiettivi intermedi più rispondenti a quanto previsto dalla legislazione vigente, senza offrire “copertura” a quelle amministrazioni che non intendono operare in maniera virtuosa; bisogna inoltre che il Piano venga reso credibile da scelte finanziarie, gestionali e industriali rispondenti agli obiettivi stessi.
Purtroppo anche la recentissima vicenda del Commissariamento per la chiusura della discarica di Malagrotta e l’individuazione di un sito alternativo, dimostra non soltanto l’incapacità della Giunta Polverini di tener fede ai suoi ripetuti impegni pre e post elettorali, ma anche la sua inadeguatezza nel conquistarsi il necessario consenso delle popolazioni coinvolte da queste decisioni. Ricorrere alle logiche emergenziali è la negazione dei processi democratici e la smentita più clamorosa verso un Piano Regionale  che realizzi una chiusura virtuosa del ciclo dei rifiuti.

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