di BARBARA MENGHI

La dimensione internazionale è incarnata nella storia millenaria di Roma, prima centro della civiltà romana, poi del cattolicesimo e, infine, capitale dell’Italia unificata. È sede di ambasciate e di organismi internazionali, ma a questi aspetti, più di recente, si è aggiunta una forte immigrazione di individui provenienti da paesi in via di sviluppo. Di conseguenza, l’immigrazione di cittadini stranieri a Roma ha progressivamente caratterizzato la vita della città durante l’ultimo venticinquennio e se da un lato il fenomeno a Roma è da considerarsi come parte delle attuali migrazioni di massa che vanno coinvolgendo lo scenario nazionale, dall’altro deve essere studiato nella specificità tipica di una grande metropoli.

Le problematiche riguardanti l’immigrazione, dunque, hanno assunto da tempo un ruolo di primo piano nell’attualità italiana e per la città, ma negli ultimi anni, soprattutto a seguito di episodi di intolleranza sempre più diffusi e di violenza, con gli stranieri a volte vittime e a volte autori, si è reso ancor più necessario studiare e gestire il fenomeno nella sua complessità e variabilità.

La popolazione con cittadinanza straniera che risiede nel Comune di Roma al 1° gennaio 2010 conta in totale 320.409 unità, con un incremento di 26.461 persone (+9%) rispetto a gennaio dell’anno precedente.

In dieci anni gli stranieri residenti nella Capitale sono aumentati dell’89,9% e la loro incidenza sul totale della popolazione è pari all’11,2%; si tratta di una quota che è aumentata considerevolmente negli ultimi anni (era il 4,8% all’inizio del 1998 e il 10,3% nel 2009) e che colloca Roma tra i Comuni con una percentuale di immigrati stranieri relativamente alta rispetto al totale della popolazione.

A Roma si incontrano le più svariate categorie di immigrati, che si differenziano per paese di provenienza, per tipologia di insediamenti, per tipo di soggiorno e livello di formazione scolastica. La presenza femminile è particolarmente rilevante, il loro numero è superiore a quelle dei maschi immigrati, a differenza di quanto avviene nella maggior parte delle regioni italiane. E anche in una fase di scarsa disponibilità di risorse pubbliche è necessario continuare a monitorare il fenomeno, cercare di afferrare la sua evoluzione, coglierne gli aspetti più significativi anche in un’ottica di offrire nuovi punti di vista a coloro che devono programmare politiche. Perché, parliamoci chiaro, il futuro dell’Italia sarà sempre più intrecciato con l’immigrazione per motivi demografici ed occupazionali.

In questo vasto processo di trasformazione, essendo molto forte il ritmo di aumento della popolazione immigrata, è inevitabile che nascano problemi e vi siano difficoltà di convivenza da superare.

Potenzialmente l’area romana è un laboratorio di grande interesse, dal patrimonio interculturale immenso, ma necessita di una programmazione organica, non limitata ad interventi spot ed improvvisati. Le politiche degli enti locali devono avere un ruolo centrale, non può essere lasciato tutto nelle mani dell’associazionismo laico o religioso e della chiesa. Tutti dobbiamo essere protagonisti.

La città ha bisogno di risposte adeguate ai bisogni espressi, ma è necessario conoscere questi bisogni e non avere la presunzione di conoscere una realtà che è in continuo mutamento. Siamo chiamati, tutti noi, ad un elevato livello di elaborazione concettuale e di progettazione di interventi che rispondano a questi bisogni differenziati.

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