Introduzione di Marco Causi

Devo provare a spiegare perché Obiettivocomune ha pensato di organizzare un’iniziativa centrata su Alessandra Sartore e Silvia Scozzese.

Qui devo stare attento. Perché sono sicuro che in molte in questa sala, e per prime Silvia e Alessandra, sono convinte che competenza e conoscenza, impegno professionale, deontologia ed etica pubblica siano valori non declinabili in termini di genere. E che si riconoscano, e si auto-valutino, innanzitutto su questi valori.

Jolanda Bufalini ha risolto bene il dilemma, con il titolo “Le signore della finanza locale di Roma e del Lazio”. E Pier Paolo Baretta, accettando di confrontarsi con loro, ci consente di chiarire fin da subito che oggi si parla di finanza pubblica e di finanza locale, di bilanci e di tasse, di risanamento finanziario, di servizi e investimenti, di legge di stabilità, e non di quote.

E tuttavia permettetemi due considerazioni.

Ho un’esperienza diretta con la questione delle quote, quando la giunta Veltroni portò da meno del 10 per cento a quasi il 40 per cento la presenza femminile nei Consigli di Amministrazione delle aziende partecipate dal Comune di Roma, fra il 2005 e il 2007. Fui io a gestire la cosa, insieme a Mariella Gramaglia – la cui scomparsa ci addolora e ci impoverisce tutti e tutte. Nominammo donne con CV pesantissimi, e professionalità ampiamente al di sopra della media di quelle dei componenti esistenti o sostituiti. Ricordo solo i nomi di Luisa Torchia e di Livia Salvini, ma tanti altri potrei farne. Non voglio da questa esperienza specifica dedurne una legge generale: sta di fatto che in quell’esperienza il filtro del genere ha prodotto un generale innalzamento della qualità professionale.

E in ogni caso: ci piace avere invitato due persone come Alessandra e Silvia, che vengono da carriere e posizioni professionali di alta dirigenza e che hanno deciso di mettersi n campo per un lavoro di servizio alla collettività – sapendo bene di dovere affrontare le questioni più complicate e difficili delle Giunte di cui fanno parte, e per di più in una fase storica di massimo scollamento fra istituzioni e politica da un lato e opinione pubblica dall’altro – basta guardare dalle finestre di questa sala. Insomma una scelta Civica e Politica, con la C e la P maiuscola.

Questo basta a noi di OC per apprezzarle e sostenerle. Così come apprezziamo e sosteniamo anche gli altri amministratori locali e regionali – i presenti in questa sala e anche i non presenti – per i quali (le quali) la scelta dell’impegno politico-amministrativo si intreccia con storie di vita di elevato spessore professionale e scientifico, e mostra con ciò un elevato spirito civico.

Dopo questa introduzione ci addentreremo nei (tristi) meandri della finanza capitolina e laziale. Non ve ne voglio fare un quadro sistematico – non ne avrei il tempo e vi annoierei, meglio invece ascoltare dal vivo la voce di Silvia e Alessandra. Ma invito tutti noi a riflettere su quattro questioni politiche che credo costituiscano il “filo rosso” dell’incontro di oggi.

Primo. Perché Roma e Lazio sono così fragili nei bilanci delle istituzioni locali: poiché si tratta di un’evidenza storica e di periodo lungo, essa va analizzata e interpretata. E’ tutto unicamente riconducile agli errori delle classi dirigenti? Sicuramente errori ci sono stati – e non mi tiro fuori neanche io personalmente. Molte delle nuove regole entrate in vigore negli ultimi anni – ad alcune delle quali ho dato un diretto contributo nella mia attività parlamentare – servono e serviranno anche a delimitare il possibile impatto di questo tipo di errori: costi e fabbisogni standard, nuove regole di redazione dei bilanci, ecc. Tuttavia, sul piano dell’analisi storica questa interpretazione non è soddisfacente. La verità è che l’insieme della finanza locale e regionale italiana vive da molti anni un contesto di forti squilibri e di inaudita instabilità. Non a caso la tassazione locale tende a essere più alta nelle zone meno sviluppate del paese, come l’intero Mezzogiorno, dove i servizi collettivi offerti dagli enti di prossimità sono in genere inferiori in termini sia di quantità che di qualità. Insomma: è un federalismo alla rovescia, senza solidarietà e senza perequazione (più esattamente: con meccanismi inadeguati di solidarietà e di perequazione). Con risvolti politici non banali, da ricondurre probabilmente al ruolo esercitato dal “blocco” delle Regioni del Nord, un “blocco” il cui peso è molto rilevante, con o senza Lega al Governo. E che spiega, ad esempio, il perdurante mancato riconoscimento delle specificità di Roma.

Secondo. Il centrosinistra in questa fase storica è al Governo a tutti i livelli. Non possiamo scaricare la responsabilità né su altri né sul destino cinico e baro della crisi. Tocca a noi costruire con pazienza e con tenacia le soluzioni. Se non ci riusciamo sarà solo colpa nostra. Ad esempio, non sottovalutiamo l’importanza dell’iniziativa parlamentare a sostegno delle nuove norme speciali per Roma, dopo che il Parlamento le aveva fatte cadere due volte, e di quella che si esprime nel fare approvare diverse norme che hanno aiutato e potranno aiutare la Regione nel percorso di risanamento. Di questo dovrebbe occuparsi di più la politica romana nel campo del centrosinistra, e magari meno di diatribe, discussioni di potere, interessi sezionali. Ma su questo va anche chiamato alla massima responsabilità il Governo nazionale – e ancora non è chiaro fino a che punto questa responsabilità voglia effettivamente essere assunta ed esercitata, ovvero se di nuovo in questa fase non possa riemergere, per le classi dirigenti nazionali, di fronte allo spessore dei problemi da sciogliere a Roma e nel Lazio, la comoda via di uscita di una posizione “anti-romana” di stampo nordista, o comunque “di maniera” (grande bellezza, capitale corrotta e infetta). Quando vedo, ad esempio, che nessuno degli incontri internazionali organizzati in occasione del semestre europeo è stato localizzato a Roma – dove furono firmati i primi Trattati europei del 1956 – mi preoccupo. Perché si tratterebbe di un errore per il centrosinistra nazionale.

Terzo. Utilizzare fino in fondo il tavolo inter-istituzionale per Roma capitale, fortemente potenziato dalle nuove norme del decreto “Salva Roma”. Primo obiettivo: approvazione del Piano di rientro del Campidoglio (e oggi cercheremo di capire a che punto siamo). Ma dal giorno dopo introdurre nell’agenda del Tavolo, e quindi nell’agenda di governo, ulteriori temi di carattere strategico: attuazione della nuova programmazione degli investimenti per Roma capitale prevista dal secondo decreto Roma capitale; soluzione permanente al problema degli extra costi, anche iniziando a tenere in considerazione gli extra costi che ricadono a carico della Regione e non solo quelli a carico del Comune (per i quali la vicenda sta andando avanti, e magari poi Alessandra e Silvia ci diranno a che punto siamo); porre con forza il tema della soluzione strutturale e permanente degli oneri della finanza pubblica per il trasporto pubblico locale – un settore assolutamente strategico e prioritario per la vita quotidiana di una grande area metropolitana come Roma – affrontando tutti e due i versanti della sperequazione: quella a svantaggio di Roma rispetto al resto del Lazio, e quella dell’intero Lazio, Roma compresa, rispetto al resto del centro-nord d’Italia.

Quarto ed ultimo. Superare la storica diffidenza-antinomia fra Comune e Regione. Le partite strategiche per Roma si affrontano solo con una forte alleanza fra Campidoglio e Pisana. I fattori di alleanza devono prevalere su quelli di contrapposizione. E il tavolo inter-istituzionale per Roma capitale può diventare la sede in cui cementare questa alleanza, con cui Comune e Regione insieme cercano di dare risposte immediate ma anche di medio termine allo stato dei servizi della città di Roma e alle questioni della vita quotidiana dei suoi cittadini.

Se perdiamo questa occasione, se Comune e Regione continuano a litigare e non costruiscono un fronte comune, se il Governo nazionale guarda alla questione romana con diffidenza e lontananza, faremmo un errore politico storico.

Oggi, mettendo a confronto Pier Paolo Baretta, Silvia Scozzese e Alessandra Sartore, cerchiamo di dare un contributo affinché questo errore non si compia.

 

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