di ANDREA FERRI

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Il contenuto effettivo del decreto sulle entrate comunali, passato con il nome di federalismo municipale, è composito e non considerare distintamente gli interventi che comprende sarebbe fuorviante per una comprensione dello scenario che di qui a poco determinerà. In sintesi i tre interventi riguardano:

– una riforma del prelievo sugli immobili,

– un riassetto delle fonti di entrata dei comuni,

– il ridimensionamento delle entrate dei comuni.

Questi aspetti andrebbero correlati al complesso dell’attuazione della legge 42, tuttora piuttosto confuso (per l’ordine improprio di emanazione dei decreti legislativi, per l’influenza delle scelte che potrebbero essere contenute nel decreto sulle entrate regionali e provinciali, ecc.) ma i temi in questione esulano dalle possibilità di trattazione sintetica di questo breve appunto.

a) Il provvedimento reca una riforma del prelievo sui cespiti immobiliari di notevole portata:

– scorporo dall’Irpef della componente affitti abitativi e introduzione dell’imposta sostitutiva proporzionale (la “cedolare secca”). La cedolare secca assorbe anche i prelievi minori (bollo e registro) gravanti sui contratti di locazione e diminuisce fortemente il senso (convenienza, utilità quanto a strumento di difesa dei redditi più deboli) dei contratti a canone concordato, che comportano forti abbattimenti dell’imponibile Irpef e che hanno avuto alterna diffusione nelle diverse città. Si tratta di un intervento immediato, che decorre fin dal 2011;

– con il 2014, l’introduzione dell’Imposta municipale principale (IMU), ridotta al solo possesso, comporterà l’esclusione dall’Irpef di un’ulteriore quota di redditi immobiliari, i redditi figurativi degli immobili non locati, che resteranno assoggettati al (nuovo) tributo immobiliare con un’aliquota mediamente più elevata dell’attuale aliquota ICI;

Nel complesso il prelievo Irpef sugli immobili risulterà più che dimezzato rispetto all’attuale (dagli attuali 8,8 mld. a circa 4 mld. di euro)

– infine, sempre dal 2014, la riformulazione dell’imposta di registro sui trasferimenti immobiliari comporterà una riduzione del relativo prelievo di qualche importanza, parzialmente compensata dall’aumento dell’imposta minima a 1.000 euro.

Le modalità di copertura della manovra sono argomento del terzo punto tra poco trattato.

b) Il decreto dispone un riassetto delle entrate comunali, fondato sulla repentina applicazione del precetto di sostituzione integrale dei trasferimenti con entrate proprie, stabilito dalla legge 42, seppure in un contesto più ampio di attuazione di tutti gli aspetti della riforma.

Tale risultato viene ottenuto fin dal 2011 per la gran parte dei trasferimenti statali, circa 11,2 mld. nel 2011, attraverso l’attribuzione di gettito proveniente dalle imposte immobiliari, in parte commisurato a parametri territoriali predeterminati (luogo di formazione del gettito stesso, popolazione) e in parte lasciato alla determinazione dei criteri di ripartizione del “Fondo sperimentale di riequilibrio”, limitatamente alla quota senza vincolo di ripartizione.

I gettiti attribuiti sono: il 30% delle imposte sui trasferimenti immobiliari (registro, imposte ipotecarie e catastali e tributi minori); le imposte di registro e di bollo sugli affitti; la componente immobiliare dell’Irpef, appositamente scorporata; una quota della cedolare secca sugli affitti (il 21,7 % nel 2011, il 21,6 dal 2012),

tutti caratterizzati da una marcata sperequazione territoriale.

A questi (complessivamente pari – in previsione – a 8,3 mld. nel 2011) si aggiunge una compartecipazione al gettito dell’IVA, introdotta nel testo all’ultimo momento dopo che era sembrata consolidarsi l’ipotesi di una compartecipazione all’IRPEF, per un ammontare di partenza vicino ai tre miliardi di euro. E’ nota la grande difficoltà di valutare il gettito IVA prodotto per operazioni verso i consumatori finali su base regionale (Quadro VT “sperimentale”).

La tabella riporta la situazione dei gettiti attribuiti al 2011, per vincolo di ripartizione (RSO).

situazione dei gettiti attribuiti al 2011, per vincolo di ripartizione

Nell’immediato, quindi, la trasformazione in gettiti tributari dei trasferimenti statali non comporta alcun ampliamento dell’autonomia fiscale dei comuni, ruolo che viene affidato alla prospettiva di introduzione dell’imposta di soggiorno e di aumento dell’addizionale comunale all’Irpef, ambedue le opportunità riservate solo ad una parte delle amministrazioni e attivabili già dal 2011.

La situazione a regime delineata dal decreto, basata sulle stesse compartecipazioni, sulla ristrutturazione dell’ICI in IMU e sulla razionalizzazione dei tributi comunali minori nell’Imposta municipale secondaria, non amplia significativamente gli spazi di effettivo esercizio di autonomia, non predispone strumenti per un più responsabilizzante rapporto tra amministrazioni e contribuenti residenti e non attenua l’esigenza di un cospicuo intervento di riequilibrio.

Lo scenario che si prospetta a regime andrà ovviamente valutato alla luce dell’introduzione di due fondamentali pilastri della legge 42: la perequazione delle diverse capacità fiscali e la determinazione dei fabbisogni standard, oltre che della regolazione dei rapporti tra comuni e regioni, i cui trasferimenti dovranno anch’essi subire la trasformazione in entrate proprie con problematiche analoghe a quelle sommariamente indicate per i trasferimenti statali.

c) c’è infine un terzo intervento che in vario modo caratterizza e condiziona l’attuazione del federalismo municipale: l’accentuazione del razionamento delle risorse destinate agli enti locali.

In primo luogo, le risorse “fiscalizzabii” arrivano all’appuntamento con l’avvio del federalismo municipale dopo aver subito, con il d.l. 78 del 2010, uno dei più pesanti tagli mai applicati: 2,5 mld. tra il 2011 e il 2012. Tale manovra si abbina alle regole del Patto di stabilità che impongono ulteriori vincoli rivelatisi tecnicamente insostenibili per diverse fasce di amministrazioni, tanto da avere già reso necessari correttivi tecnici e lievi allentamenti dei saldi.

Questo è l’aspetto esplicito di questo tipo di intervento. Ma va considerato anche l’aspetto meno esplicito, quello legato alle inevitabili asimmetrie informative – ed anche alle obiettive incertezze di stima – insite nell’attribuzione di gettiti soggetti a dinamiche previsionali per loro natura incerte, e rese ancor più incerte dagli effetti della crisi del 2008-2009.

Alcuni di questi aspetti sono legati all’assenza di informazioni disaggregate, condivise ed affidabili sulle quali poter appoggiare l’analisi e la concertazione dei nuovi assetti delle entrate; altri sembrano invece vere e proprie forzature che potrebbero tradursi in un ulteriore restrizione delle risorse effettivamente disponibili per i comuni e quindi, inevitabilmente, in innalzamenti della pressione fiscale – dove questa potrà esprimersi – al solo scopo di mantenere l’equilibrio ex ante.

Tre esempi di maggior rilievo:

– la compartecipazione al gettito dell’IVA, da ripartirsi a seconda della localizzazione del gettito, che verosimilmente non potrà realizzarsi così come previsto dalla norma senza l’introduzione di nuovi obblighi dichiarativi da tenere attentamente sotto controllo;

– la valutazione della cosiddetta “emersione” di locazioni non dichiarate in corrispondenza dell’introduzione della cedolare secca e degli inasprimenti delle sanzioni per mancate o infedeli registrazioni dei contratti di affitto. Su circa 4 mld. di gettito previsto a regime, oltre 1,2 mld. deriverebbero dall’emersione.

– la determinazione della base imponibile dell’IMU e, in conseguenza, dell’aliquota di equilibrio dell’imposta (indicata nel 7,6 per mille), che sembra gravemente sottostimata.

Si tratta di elementi che accentuano le carenze di responsabilizzazione già accennate e pongono un problema di trasparenza, disponibilità ed effettiva condivisione delle statistiche fiscali, sia tra i soggetti istituzionali coinvolti, sia nell’ambito della comunità scientifica, al fine di poter conseguire i miglioramenti necessari per poter davvero pervenire ad un riassetto multilivello delle responsabilità fiscali.

In conclusione, il ripristino di una condizione di responsabile esercizio di autonomia tributaria non è tra gli obiettivi di fatto della riforma. Alcune indicazioni che avrebbero potuto prospettare una maggior incisività in questo senso:

– revisione dell’addizionale e della compartecipazione Irpef in uno strumento unico più flessibile, anche sotto il profilo della manovra dell’aliquota,

– revisione del prelievo sui rifiuti e sua evoluzione in una tassa non vincolata e relativa ai servizi comunali,

non sono sopravvissute alla negoziazione degli ultimi giorni prima della votazione finale del provvedimento.

I dispositivi di perequazione più o meno direttamente collegati all’introduzione dei fabbisogni standard (a partire dal 2012) non sono ancora stati definiti e non sembra verranno finanziati da fondi aggiuntivi, potendo verosimilmente contare soltanto sulle risorse “libere” dell’attuale fondo sperimentale di riequilibrio.

Le dinamiche dei gettiti attribuiti – anche per effetto di possibili sovrastime previsionali – non sembrano poter alimentare significativi mutamenti nei criteri di ripartizione dei fondi disponibili, che in una situazione di perdurante razionamento tenderanno a ripartirsi secondo l’attuale assetto.

Nel frattempo, a cantiere aperto, vengono esposti i valori relativi alle “potenzialità” fiscali di ciascun territorio, alimentando aspettative che nemmeno nel lungo periodo – a parità di risorse attualmente prevedibili – potranno essere soddisfatte. E’ quindi prevedibile che il tema della coesione e dell’integrazione di esigenze contrastanti provenienti dai diversi territori assumerà un rilievo centrale nelle problematiche attuative della riforma.

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