LA SRL SEMPLIFICATA E LA SRL A CAPITALE RIDOTTO

di MARCO CARLIZZI

Sommario: 1. Premessa. – 2. Le novelle discipline. – 3. Il capitale sociale, il finanziamento della società ed problema delle perdite. – 4. Il socio persona fisica, il limite di età e la perdita del requisito, il vincolo di amministratori-soci. – 5. Lo statuto standard. – 6. SRLS: costituzione della società (quasi) senza costi ma gestione a costi pieni. – 7. Conclusioni.

Premessa
Con il cd. “Decreto Liberalizzazioni” (art. 3 D.L. n. 1 del 24 gennaio 2012, “Disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività”, convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, L. 24 marzo 2012, n. 27) è stato introdotto l’art. 2463-bis contenente la disciplina della “Società a responsabilità limitata semplificata” (di seguito “SRLS”), e quindi, con il successivo cd. “Decreto Sviluppo” (art. 44 D.L. n. 83 del 22 giugno 2012, “Misure urgenti per la crescita del paese”), il legislatore ha disciplinato la “Società a responsabilità limitata a capitale ridotto” (di seguito SRLCR”).
In pochi mesi dunque alla SRL “ordinaria” si sono affiancati altri due modelli organizzativi di esercizio entificato dell’attività d’impresa la SRLS e la SRLCR, l’una dipendente dall’altra quanto a disciplina con una difficoltà non banale a ritrovare il Filo d’Arianna.
Con riferimento alla SRLS, la “ratio evidente dell’istituto è quella di favorire l’accesso dei giovani alla costituzione di società di capitali, cercando di eliminare le barriere all’entrata (nella c.d. fase di start up), che talvolta impediscono di mettere in piedi e di far nascere idee buone e valide da parte di molti giovani”(1); dunque uno strumento – che nelle intenzioni del legislatore – dovrebbe agevolare i giovani under 35 nell’esercizio dell’attività di impresa attraverso la costituzione di società “a costo zero”.
Con riferimento, invece, alla SRLCR, la Relazione illustrativa al Decreto Sviluppo spiega, invece, che la “proposta contribuisce a migliorare la posizione del nostro Paese nella classifica del «Doing Business»” redatta dalla Banca Mondiale e nella quale l’Italia “occupa il 77° posto della classifica nella specifica voce «Starting a business», scontando prevalentemente i maggiori costi per l’avvio di impresa per cui la sola rimozione del vincolo anagrafico consentirebbe di uniformarsi al benchmark dei nostri competitors Ue, garantendo un avanzamento di ben 6 posti nella classifica generale, con i conseguenti effetti – diretti ed indiretti – sulle dinamiche economico produttive”(2).
Si tratta (evidentemente) di misure urgenti per la concorrenza, la competitività e la crescita del paese con tutti i limiti che ciò comporta quanto a completezza di disciplina e quanto a necessità di integrarla a cura degli interpreti e di coloro che dovranno fare i conti con l’applicazione pratica di tali “strumenti” d’impresa(3).

Le novelle discipline
Ai sensi del neo introdotto art. 2463-bis, primo comma, la SRLS può essere costituita con contratto o atto unilaterale da persone fisiche che non abbiano compiuto i trentacinque anni di età alla data della costituzione, mentre l’ultimo comma, specifica, per il momento successivo alla costituzione, che è vietata la cessione delle quote a soci non aventi i requisiti di età di cui al primo comma e l’eventuale atto è conseguentemente nullo.
Oltre alla “giovane” età dei soci, altra caratteristica fondamentale della SRLS (e della SRLCR) è la deroga sull’ammontare del capitale sociale che, da un lato, nel minimo, può essere anche un solo euro, ma dall’altro, nel massimo, non potrà essere superiore ad euro 9.999. Il capitale sociale, inoltre, dovrà essere sottoscritto e interamente versato alla data della costituzione; inoltre, il conferimento dovrà farsi (esclusivamente) in denaro ed essere versato all’organo amministrativo.
Con riferimento al momento fondativo, la norma specifica che l’atto costitutivo della SRLS deve essere redatto per atto pubblico in conformità al modello standard tipizzato con decreto interministeriale(4) e dovrà indicare le generalità di ciascun socio, la denominazione sociale contenente l’indicazione di società a responsabilità limitata semplificata, il comune ove sono poste la sede della società e le eventuali sedi secondarie, l’ammontare del capitale sociale, l’attività che costituisce l’oggetto sociale, la quota di partecipazione di ciascun socio le norme relative al funzionamento della società, indicando quelle concernenti l’amministrazione, la rappresentanza le persone cui è affidata l’amministrazione e l’eventuale soggetto incaricato di effettuare la revisione legale dei conti, luogo e data di sottoscrizione, ed infine gli amministratori i quali (da notare) devono essere scelti tra soci.
Inoltre, proprio per interpretare quel concetto di “società a costo zero” (o “quasi”a costo zero come vedremo), ai sensi dell’art. 3 comma 3 del Decreto Liberalizzazioni in commento, l’atto costitutivo e l’iscrizione nel registro delle imprese sono esenti da diritto di bollo e di segreteria e non sono dovuti onorari notarili.
Infine, la denominazione di società a responsabilità limitata semplificata, l’ammontare del capitale sottoscritto e versato, la sede della società e l’ufficio del registro delle imprese presso cui questa è iscritta devono essere indicati negli atti, nella corrispondenza della società e nello spazio elettronico destinato alla comunicazione collegato con la rete telematica ad accesso pubblico.
Ancora più scarna la disciplina della SRLCR la quale – almeno stando al testo ad oggi all’esame della Camera dei Deputati, affiato alla Commissione Finanze 6ª (Finanze) e 10ª (Attività produttive, commercio e turismo) in sede referente – si disegna per differenza rispetto alla SRLS affermando che, costituita anch’essa con un capitale sociale che può variare da un euro a 9.999,00, da un lato, i soci (anche qui necessariamente persone fisiche) devono aver compiuto i 35 anni di età alla data della costituzione e, dall’altro, l’amministrazione può essere affidata anche a non soci.
Medesimi infine gli elementi da inserire nell’atto costitutivo così come gli obblighi informativi a carico delle due novelle SRL così come identico è il rinvio alle norme sulle società a responsabilità limitata in quanto compatibili.

Il capitale sociale, il finanziamento della società ed problema delle perdite

La novità più appariscente delle due novelle appena sintetizzate è quella di una società a responsabilità limitata che può nascere senza capitale sociale, o meglio (e sarebbe da dire “o peggio” per quello che diremo) con un capitale sociale inferiore al “vecchio” minimo legale stabilito dall’art. 2463 c.c. e che può variare da euro 1,00 fino ad euro 9.999,00.
Va notato per inciso che l’introduzione di una deroga al capitale sociale minimo per le “società di capitali” è stata oggetto negli ultimi anni di una particolare attenzione da parte di molti stati europei(5). L’esigenza è quella di arginare l’espansione delle Limited Liability Companies inglesi che in base al principio della concorrenza tra ordinamenti giuridici e facendo forza sul principio di libertà di stabilimento della sede sociale (oramai acclarato anche dalla Corte di Giustizia con la famosa “Sentenza Centros”(6)) hanno avuto in questi anni grande successo. 
Tornando alla introduzione nel nostro ordinamento di SRL con capitale sociale inferiore ad euro 10.000,00, va detto innanzitutto che questa possibilità va in via generale salutata favorevolmente perché è un’ulteriore conferma che la tutela dei creditori risiede nel patrimonio della società e non nel capitale nominale(7). Il problema semmai sono le modalità con le quali è stata introdotta questa deroga ossia la mancata attenzione di tutto ciò che ruota intorno al capitale sociale ed in particolare il mancato coordinamento con la disciplina della riduzione obbligatoria del capitale per perdite di cui agli artt. 2482-bis e 2482-ter c.c. 
Va innanzitutto sgombrato il campo dal dubbio se effettivamente le novelle SRLS e SRLCR vadano assoggettate al rigore della disciplina della riduzione del capitale per perdite e ciò – si potrebbe argomentare – da un lato, perché l’art. 2482-ter richiama espressamente il “minimo stabilito dal numero 4)  dell’articolo 2463 e non anche il nuovo minimo di cui all’art. 2463-bis e, dall’altro, perché esse sono tendenzialmente o sostanzialmente “prive” di capitale sociale e dunque gli articoli 2482-bis e 2482-ter c.c. potrebbero non essere compatibili con la figure neo introdotte delle SRLS e della SRLCR. 
In realtà, nessuno dei due argomenti coglie nel segno.
Infatti, laddove l’art. 2482-ter richiama l’art. 2463 c.c. intende richiamare un principio, o meglio un parametro, ossia l’ammontare minimo del capitale sociale previsto per le SRL in euro 10.000,00 ma previsto comunque per le SRLS e le SRLCR seppur ridotto ad un euro. D’altra parte, l’argomento letterale è piuttosto debole visto che bel potrebbe essere una semplice dimenticanza del legislatore il coordinamento formale tra le norme(8).
Neanche si può dire a nostro avviso che esiste incompatibilità tra la disciplina della riduzione obbligatoria del capitale per perdita e quella delle capitale delle SRLS e SRLCR. Innanzitutto, una certa difficoltà di applicazione si potrebbe avere solo per le SRLS e SRLCR con capitale “minimo” o vicino al minimo, ma non certamente quelle ad esempio con capitale massimo (ossia euro 9.999).
Ma in generale va detto che, secondo una lettura costituzionalmente orientata della neo emanata disciplina, sarebbe estremamente irragionevole pensare di applicare una disciplina così vincolante come quella prevista dagli artt. 2482-bis e 2482-ter alle SRL e non anche alle SRLS e SRLCR laddove c’è, come indubbiamente nel caso di specie c’è, eadem ratio nel vincolare anche le SRLS e SRLCR alle regole di cui agli artt. 2482-bis e 2482-ter(9).
Ebbene, se è vero che la normativa è certamente applicabile anche alle SRLS o una SRLCR va senz’altro detto che il mancato coordinamento, o la mancanza di una disciplina ad hoc per tali società, fa sì che laddove una SRLS o una SRLCR abbia per avventura il capitale sociale pari ad un euro, la stessa sia obbligata a non avere alcuna perdita (ovviamente al netto delle altre eventuali poste di patrimonio netto): neanche un euro! 
Stando così le cose, è facile prevedere il ricorso massiccio a finanziamenti soci, sottoposti però necessariamente alla regola della postergazione ex art. 2467 c.c. essendo la “società ad un euro” per definizione sottocapitalizzata, ovvero uno scarso utilizzo di tale società “euro 1”.
In realtà, avendo il legislatore aperto una breccia nel tabù del capitale sociale (come abbiamo visto tabu oramai superato all’estero), avrebbe potuto far sì che questa via fosse poi praticabile facendo uno sforzo in più e approntando una disciplina ad hoc per tali società semplificate e/o a capitale ridotto. E’ qui forse la pecca più grande di queste novelle che, da un lato, lanciano in pista delle grosse opportunità e novità in termini di strumenti a disposizioni dell’imprenditoria e, dall’altro, però non forniscono ad esse una struttura adeguata alla sfida. 
Sempre con riferimento al capitale sociale, vanno svolte altre tre notazioni: il conferimento dovrà essere interamente sottoscritto e versato, va fatto necessariamente in denaro e dovrà essere versato all’organo amministrativo (art. 2463-bis comma 2, n.3).
Partendo da quest’ultimo punto, può essere valutata favorevolmente la possibilità di versare l’ammontare del capitale sociale nelle mani degli amministratori (che sono necessariamente soci) senza dunque la necessità di aprire un conto corrente quand’anche temporaneo anche tale disposizione va coordinata con le limitazioni all’uso del contante e dei titoli al portatore, di cui al decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231 (come di recente modificato dal cd. “Decreto Salva Italia”, D.L. 6 dicembre 2011, n. 201 convertito in legge, con modificazioni, dall’ art. 1, comma 1, L. 22 dicembre 2011, n. 214) il quale da ultimo prevede un uso limitato alla soglia consentita ad euro 1.000,00.
Ovviamente non si tratta di una rivoluzione ma è comunque una semplificazione che potrà dare la possibilità agli amministratori di scegliere non affrettatamente il proprio istituto di credito di riferimento.
Diverso invece il discorso per l’obbligo di versare interamente il capitale sottoscritto e non solo il 25% come accade per le società ordinarie.
Ebbene, tale disposizione, se nasce da un’esigenza di bilanciare la previsione di un capitale sociale inferiore a quello delle ordinarie SRL, in realtà nasconde uno svantaggio non sense per le neonate SRLS e SRLCR in termini di liquidità.
Se è vero, infatti, che esse nascono proprio per i giovani che non hanno molte disponibilità economiche o per chi non ha la possibilità o la volontà di investire grosse somme nella nuova intrapresa (che magari non ha neanche bisogno di un capitale di un investimento di euro 10.000 e lo dimostra il fatto che il capitale sociale non può essere superiore ad euro 9.999) non si capisce il motivo per il quale queste neonate società low cost siano obbligate a versare immediatamente il capitale sottoscritto. Paradossalmente mentre un socio di una società ordinaria con un capitale sociale sottoscritto di euro 10.000 avrà soddisfatto gli obblighi di legge con un versamento pari ad euro 2.500, il socio (giovane, povero o comunque non intenzionato ad investire) di una società semplificata o a capitale ridotto, con capitale sociale fissato ad esempio pari ad euro 5.000, sarà costretto a versare immediatamente euro 5.000: il doppio del suo omonimo “ordinario” avendo un capitale pari alla metà.
Infine, anche il conferimento a effettuarsi necessariamente in denaro, sembra una limitazione inutile. Non si capisce perché – solo per fare un esempio – i soci non possano apportare un software magari da essi sviluppato oppure un marchio o addirittura un brevetto.

Il socio persona fisica, il limite di età e la perdita del requisito, il vincolo di amministratori-soci

Come abbiamo visto, i soci delle neo-introdotte SRLS ed SRLCR devono essere necessariamente “persone fisiche”. Con particolare riferimento alla SRLS è evidente che tale limite crea una disparità di trattamento con tutti quegli enti (associazioni, società di persone, comitati) che pur costituiti da persone fisiche under 35 vogliano costituire una società semplificata beneficiando della agevolazioni ora previste dalla Decreto Liberalizzazioni. 
Difficile peraltro superare questo limite in via interpretativa visto che la legge espressamente afferma che la SRLS “può essere costituita […] da persone fisiche che non abbiano compiuto di trentacinque anni di età”. 
Sempre con riferimento alla SRLS, sarà invece oggetto di apposita disciplina da emanarsi con Decreto, il tema della accertamento delle qualità soggettive dei soci e quindi degli effetti della venuta meno di tali requisiti: è chiaro infatti che si pone il problema di stabilire cosa accade allorquando i soci superino l’età di 35 anni.
Ebbene, il decreto legge nella versione iniziale prevedeva che “quando il singolo socio perde il requisito di età di cui al primo comma, se l’assemblea convocata senza indugio dagli amministratori non delibera la trasformazione della società, è escluso di diritto e si applica in quanto compatibile l’art. 2473-bis. Se viene meno il requisito di età in capo a tutti i soci, gli amministratori devono, senza indugio, convocare l’assemblea per deliberare la trasformazione della società, in mancanza si applica l’art. 2484”. Tale disciplina era stata oggetto di forti critiche in quanto poneva il socio, che superava i 35 anni, nelle mani degli amministratori e quindi della maggioranza dei soci in assemblea: la mancata convocazione o la mancata delibera di trasformazione poteva essere causa di esclusione del socio senza che quest’ultimo avesse alcuna responsabilità e senza che avesse potuto opporsi a tale decisione.
Bene ha fatto dunque il legislatore ad eliminare tale draconiana disposizione che – ad esempio – potrebbe essere sostituita con la più ragionevole previsione di uno scioglimento della società al venir meno dei requisito di età capo ad uno solo dei soci (passato ovviamente un tempo ragionevole, ad esempio sei mesi come nelle società di persone, per eventualmente adottare altre scelte). Tale ultima prospettazione ci sembra anche più in linea con le caratteristiche di questa società che ha una forte impronta personalistica visto che i soci sono tutte persone fisiche e che gli amministratori sono necessariamente soci.
Si tratta insomma di considerare l’età dei soci non tanto come un requisito dei soci il cui venir meno rende impossibile la partecipazione del singolo alla società, ma come una caratteristica della società, un tratto distintivo della stessa e dunque il venir meno di quel presupposto (l’età dei soci) provoca la necessità di assumere delle determinazioni da parte dei soci altrimenti la società andrà sciolta. 
Ancora, sempre in tema di diritti dei soci, e sempre per le sole SRLS va ricordato che l’iter parlamentare post emissione del decreto legge originario da parte del Governo, ha fatto sì che sulla scorta di una dichiarata esigenza di evitare usi distorsivi di tali società semplificate, siano stati inseriti, da un lato, un divieto di cessione di quote a soggetti che abbiano superato i 35 anni e, dall’altro, l’obbligo che gli amministratori della società possano essere solo i soci della stessa. 
Con riferimento al primo aspetto, va detto esso configura di un limite legale alla circolazione delle quote che, sebbene perfettamente compatibile con la ratio della novella, poteva essere evitato essendo insito nella natura stessa delle SRLS il fatto che soci (originali o sopravvenuti che siano) abbiano meno di 35 anni di età.
Con riferimento al secondo aspetto, invece, è chiaro che questo inserimento limita molto la governance di queste società che non potranno attingere a competenze esterne se non offrendo loro partecipazioni della società e sempre che siano loro “coetani”. Eppure, il sistema del diritto delle società prevedeva sistemi più moderati come ad esempio quanto previsto per le società cooperative laddove la maggioranza di degli amministratori è scelta tra i soci cooperatori (art. 2542 c.2). 
Positivo il fatto che (almeno) per le SRLCR tale vincolo sia stato eliminato.

Lo statuto standard
L’art. 2463–bis c.c., appena introdotto, prevede espressamente che anche l’atto costitutivo delle SRLS deve essere redatto in conformità al modello standard tipizzato con decreto interministeriale. 
Invero, dopo la Riforma del 2003, l’aspetto organizzativo delle SRL è rimesso per molti aspetti alla discrezionalità dei soci che possono scegliere tra molteplici opzioni, nel dichiarato intento del legislatore di dare la possibilità ai soci di costruirsi la loro società “su misura”, secondo le loro esigenze. Ciò, d’altra parte, ha comportato la necessità di un lavoro consulenziale da parte del notaio rogante che è chiamato ad accertarsi che le parti, futuri soci, abbiano compiuto la loro scelta consapevoli delle varie possibilità esistenti. In sostanza, la pratica ha evidenziato l’esigenza di semplificare la scelta dell’organizzazione della società, così da semplificare anche il lavoro del notaio e quindi, in qualche modo, “giustificare” anche l’assenza di onorari notarili. 
Ebbene, se la norma è molto chiara per quanto riguarda la SRLS, lo è meno il Decreto Sviluppo con riferimento alla SRLCR. Il comma 2 dell’art. 44 del D.L. 83/2012, infatti, dopo aver affermato che l’atto costitutivo deve essere redatto per atto pubblico, afferma che lo stesso “deve indicare gli elementi di cui al secondo comma dell’art. 2463-bis del codice civile” e dunque è sorto il problema se questo richiamo va inteso nel senso di rendere applicabile solo l’elencazione ivi contenuta dei requisiti essenziali dell’atto costitutivo della SRLS senza necessità di adottare lo statuto standard ovvero se – come crediamo – il Decreto Sviluppo vada esattamente nel senso opposto e quindi utilizzare anche per le SRLCR l’emanando modello di atto costitutivo standard. 
Invero, da un lato, l’argomento letterale ricavabile dal citato comma 2 dell’ 44 del Decreto Sviluppo è troppo debole per impedire di estendere l’applicazione alla SRLCR dello statuto standard previsto per le SRLS e, dall’altro, più in generale, il comma 1 del medesimo art. 44 afferma che resta fermo “quanto previsto dall’art. 2463-bis” e dunque la disciplina ivi prevista è applicabile anche alle SRLCR se è non espressamente derogata.
Insomma la SRLCR nasce come una “costola” della SRLS che si spiega peraltro molto bene considerando che entrambe, per la prima volta, derogano il vincolo del capitale minimo. 
In conclusione, nella speranza che il legislatore chiarisca espressamente tale aspetto, ci sembra che il dettato normativo attuale vada nel senso di vincolare anche la SRLCR allo statuto standard previsto per le SRLS(10).

SRLS: costituzione della società (quasi) senza costi ma gestione a costi pieni

Con riferimento al momento costitutivo va notato che, rispetto al disegno originario previsto nel Decreto Liberalizzazioni, bene ha fatto il legislatore a prevedere la costituzione per atto pubblico ma senza diritti di bollo e di segreteria e senza onorari notarili. Va notato, però, che rimane l’imposta di registro, il diritto annuale per l’iscrizione alla Camera di Commercio così come la tassa di concessione governativa, per un totale di circa euro 700,00. 
Altra notazione da fare è relativa alla necessità per queste società di adempiere comunque agli obblighi della tenuta della contabilità nella stessa misura e con le stesse modalità delle società a responsabilità limitata ordinarie. Sarebbe stato viceversa più opportuno prevedere degli obblighi semplificati ad esempio prendendo spunto da quanto previsto per le società di persone oppure prevedere un accesso privilegiato ai centri di assistenza fiscale: insomma, se è vero che sono stati eliminati i costi di costituzione sarebbe stato anche possibile limitare i costi di gestione che comunque incomberanno sulla società immediatamente dopo averla creata. 
La stessa cosa considerazione vale per il momento finale, ossia per il caso in cui la società non dovese andare bene ed i soci decidessero di liquidare volontariamente la società.
Il legislatore non ha previsto alcuna forma di agevolazione mentre sarebbe stato opportuno farlo per evitare che società in crisi aggravino al propria situazione pur di non andare incontro (anche) alle spese notarili di liquidazione.



Conclusioni 

Volendo tirare le somme da questo breve excursus della disciplina delle nuova società a responsabilità limitata, semplificata e a capitale ridotto, possiamo dire che il legislatore si è concentrato solo sul momento genetico di dette società disciplinando i requisiti dei soci (o meglio della società secondo quanto abbiamo accennato sopra), i costi della costituzione e prevedendo finanche una uno statuto standard che i soci dovranno utilizzare, senza però disciplinare cosa accade una volta che l’attività sia iniziata, i costi necessari per la gestione siano stati sostenuti e magari qualche perdita sia stata accumulata (l’esperienza insegna che difficilmente una società produce utili fin dal primo anno di attività). 
Maggiore attenzione andava prestata dunque al momento dinamico dell’agire societario approntando una disciplina completa di tale nuova figura societaria non bastando – come abbiamo visto – il richiamo alle norme della società a responsabilità limitata (come l’esperienza straniera insegna).

MARCO CARLIZZI

Note
(1)Così testualmente il Consiglio di Stato, Sezione consultiva per gli atti normativi, nel parere (positivo) n. 2942/2012 del 18 giungo 2012, emesso in merito al «Regolamento sul modello standard di atto costitutivo e statuto della società a responsabilità limitata semplificata e individuazione dei criteri di accertamento delle qualità soggettive dei soci in attuazione dell’articolo 2463-bis, secondo comma, del codice civile e dell’articolo 3, comma 2, del decreto legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27».

(2)Relazione Illustrativa del Disegno di Legge presentato dal Governo il 26 giugno 2012 alla Camera dei Deputati per la conversione in legge del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, recante misure urgenti per la crescita del Paese.

(3)Al momento in cui si scrive, per la SRLS è stato completato l’iter parlamentare mancando solo il decreto ministeriale che indicherà il modello standard di atto costitutivo, mentre per la SRLCR manca ancora la conversione in legge del decreto e dunque la disciplina potrebbe subire modifiche.

(4)Si tratta di un decreto del Ministro della giustizia da emanarsi di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze e con il Ministro dello sviluppo economico.

(5)Solo per fare qualche esempio, dal 1° agosto 2003 è possibile in Francia costituire società con capitale minimo di un centesimo ed in Belgio, con la Loi 1/2010, è stata introdotta una sorta di società temporanea, ossia una società con un modello organizzativo semplificato (massimo 3 soci oltre ad un amministratore) e nella quale entro il 5 anni il capitale minimo deve essere ricostituito; ogni anno infatti la società deve accantonare somme a capitale sociale e se non si ricostituisce il capitale i soci divengono solidalmente responsabili per il versamento dei decimi mancanti.  Dal canto suo, la Germania, nel 2008, ha creato una società con capitale al di sotto del minimo legale normalmente previsto (euro 25.000) e si è parlato a tal proposito di “società dell’imprenditore”; anche in tal caso vanno accantonati il 25% dei profitti ogni anno a capitale sociale come riserva vincolata. Infine, in Spagna, con la Ley 7/2003 è stata introdotta la Sociedad Limitada Nueva Empresa con il vincolo di avere massimo 5 soci ed il divieto di cessione delle quote a persone giuridiche.

(6)Corte di Giustizia 9.3.1999, C-212/97, secondo la quale il fatto che un cittadino di uno Stato membro che desideri creare una società scelga di costituirla nello Stato membro le cui norme di diritto societario gli sembrino meno severe e crei succursali in altri Stati membri non può costituire di per sé un abuso del diritto di stabilimento.

(7)La funzione del capitale sociale, quale entità numerica che esprime il valore in denaro dei conferimenti, non ha una funzione diretta di garanzia del creditori sociali, ma è solo quella di dotare la società di mezzi idonei allo svolgimento dell’attività d’impresa (funzione “produttiva”, insieme a quella “organizzativa” da tutti riconosciuta).  La funzione del capitale sociale è dunque quella di impedire che i soci si riprendano ante tempo quel complesso di vlaori che essi hanno stabilmente destinato all’attività di impresa (funzione “vincolistica”); così G.F. CAMPOBASSO, Diritto Commerciale, 2, Diritto delle Società, 2002, Torino.  Chiarisce il “carattere programmatico della regola del capitale sociale” G. FERRI, jr, in Diritto delle Società, Manuale breve, Milano, 2006, p.89.

(8)Ricordiamo d’altra parte che più volte il legislatore dopo la riforma del 2003 è dovuto intervenire proprio a colmare lacune o richiami di norme non completi.

(9)Si tratterà comunque di società che operano nel mercato e che agiranno, al pari delle SRL ordinarie per il perseguimento di uno scopo di lucro. D’altra parte, la dottrina maggioritaria ritiene che la ratio della normativa  della riduzione del capitale sociale risieda non solo negli interessi delle diverse categorie dei soci attuali ma anche di quelli futuri e dunque interessi che travalicano la compagine sociale (così ANGELICI, voce «Società per azioni e in accomandita per azioni», in Enc. Dir., vol. 42, 1018, spec. 1023, ove parla di “valore
informativo per i terzi”).  Altri autori, invece, hanno individuato la ratio della suddetta disciplina nell’interesse dei soci a percepire il dividendo (così FENGHI, La riduzione del capitale, Milano, 1974, 64), ovvero in generare l’interesse dei creditori e la tutela degli stessi a conoscere la reale situazione patrimoniale della società (così NICCOLINI, Il capitale sociale minimo, Milano, 1981) o ancora l’esigenza di informare i soci ed i terzi (così SPADA, Reintegrazione del capitale sociale senza operare sul nominale, in Giur. Comm., 1978, I, 36). Ebbene, qualunque ricostruzione si intenda seguire, rimane il fatto che nessuna differenza fa ai finni dell’applicazione della disciplina del capitale per perdite, se la società sia un organizzazione di soci giovani ovvero se abbia deciso che avere un capitale ridotto rispetto a quello ordinario.

(10)Ma vedi contra A. BUSANI, Il Sole 24 Ore, 24.6.2012 pag.10

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